Padre Rupnik: “l’uomo religioso, ma non credente, si fa giustiziere di se stesso, di Dio e degli altri”
Di Padre Marko Ivan Rupnik
Per gentile concessione delle Edizioni San Paolo pubblichiamo l’introduzione al libro di Padre Roberto Pasolini, “Non siamo stati noi. Fuori dal senso di colpa” (Edizioni San Paolo 2020, pp. 224, euro 16), a cura del noto Padre Marko Ivan Rupnik
Quando si apre la Sacra Scrittura e si comincia a leggere, è necessario prendere atto che si tratta di una Parola assolutamente senza confronti. Non è un testo, e neanche una parola che qualcuno ti rivolge, come se ti venisse da un altro.
È vero, la chiamiamo giustamente “Parola di Dio”, perché è Dio che ci parla, ma si rimane sorpresi perché allo stesso tempo si coglie immediatamente che è una parola umana, fatta dagli uomini.
La Parola che Dio ci rivolge, dunque, è una parola che penetra non solo i nostri orecchi, ma i nostri cuori come una parola nostra. Questo è il primo motivo di stupore: come è possibile che Dio parli con la parola degli uomini?
Ma c’è ancora molto di più. La parola di Dio è bagnata di vita. È come se fosse una sorta di coppa piena del Soffio, del Respiro. E, come diceva il grande Origene, mentre ascoltiamo la lettura di questa Parola, o mentre noi stessi la leggiamo a bassa voce, muovendo le labbra, la coppa sta versando in noi questo Respiro caldo che trasmette la vita.
La Parola di Dio è viva e dà la vita. Ma non è ancora tutto. All’inizio del suo vangelo, Giovanni dice che “in principio” c’era la conversazione di Dio. Dio pronuncia la sua Parola e questa stessa Parola gli risponde, è orientata a Dio ed è Dio.
La Parola si identifica con un’esistenza personale. Non è semplicemente l’effetto di una persona, ma è la Persona stessa. La parola si manifesta a noi come il Figlio di Dio, proprio quel Figlio che si è fatto uomo e che, come scrive Giovanni a conclusione del suo prologo, noi “abbiamo visto”.
Allora la Parola – essendo la Persona del Figlio, vero Dio e vero uomo – non solo si ascolta, ma si contempla, si vede e ci si relaziona a essa addirittura in modo spaziale, con il corpo. Lo stesso Figlio di Dio ci dice infatti che, dopo la sua Pasqua, Lui diventerà una casa di molte dimore. E san Paolo ci spiega che lo Spirito Santo – che è quello stesso Spirito che respira nella Parola – ci innesta nel Figlio, nella sua umanità.
Noi veniamo immersi in questa esistenza della Parola, del Figlio, dell’umanità del Figlio, per vivere la vita come comunione. Da questo segue che, quando si legge la Parola, non vengono attivati in noi solo il pensiero e la riflessione, ma si attiva tutta la persona umana, perché la Parola comincia a rivelarsi a noi come l’ambito in cui noi stessi ci troviamo.
La Parola ci coinvolge nella storia dell’umanità vissuta dalla Parola stessa. Così, l’uomo non legge semplicemente la Parola di Dio, ma legge se stesso, legge la sua storia, intessuta nella comunione del corpo della Parola.
Cominciamo in questo modo a percepirci come parte di questa liturgia dell’umanità della storia, con la Parola e nella Parola.
Il libro che abbiamo tra le mani, di padre Roberto Pasolini, rappresenta forse uno scorcio nuovo nell’accostarci alla Parola proprio perché dischiude la Parola come lo scenario divino-umano nel quale ciò che è vissuto da ciascuno di noi viene scoperto nel grembo della Parola stessa.
Il testo è ricco di passi – dalla Genesi fino al vangelo di Giovanni –, che percorrono le immagini più essenziali ed esistenziali nelle quali ciascuno di noi immediatamente si trova coinvolto, in modo che non solo legge il libro, ma viene egli stesso letto dalla Parola.
Padre Roberto ha anche il dono di un linguaggio semplice, accessibile, immediato, ricco, forse alle volte addirittura troppo scorrevole, se così si può dire. Ma, proprio grazie a questo suo talento, il libro è aperto a una moltitudine di lettori.
Padre Roberto non presenta la Parola di Dio solo da esegeta, ma in lui la Parola è tutt’uno con delle coordinate teologiche, ecclesiologiche e antropologiche. Nel sottofondo, c’è una continua purificazione della nostra immagine di Dio, per liberarsi da una visione della religione applicata al nostro Dio e per scoprirsi figli di un Dio che è Padre.
“Il diluvio è stato il tentativo con cui Dio ha cercato di purificare lo sguardo dell’uomo, gravemente condizionato da una parola di menzogna. Tuttavia, l’uomo uscito dall’arca si rifugia ancora in una logica di sacrifici non necessari e, soprattutto, non prescritti”.
Un altro elemento prezioso di questo sottofondo, più esplicito magari, è come la Parola – letta in questo modo teologico-spirituale – diventa anche una purificazione dello sguardo dell’uomo su se stesso, soprattutto perché l’uomo religioso, ma non credente, si fa giustiziere di se stesso, di Dio e degli altri.
Questa è la testardaggine più radicata nell’uomo, che gli impedisce di vivere felicemente la sua vocazione. “Il senso di colpa radicato nel suo cuore non se n’è andato via con le acque del diluvio”. Quando si finisce questa traversata di immagini, personaggi, eventi, insegnamenti, rimane in bocca il miele della Parola e il desiderio di rimanere in essa. Perciò ci auguriamo che ben presto arrivi un altro libro.