Relazioni, Solitudine, Silenzio, Corpo e Morte nelle riflessioni di un noto sacerdote
Di Maria Luisa Donatiello
Pubblicato pochi giorni fa l’ultimo libro di Don Luigi Maria Epicoco “La luce in fondo. Attraversare i passaggi difficili della vita” (Rizzoli, Milano 2020, pp. 160, € 14) costituisce una lunga riflessione su temi importanti e comuni alla vita di ogni uomo.
Dopo un Prologo seguono cinque capitoli rispettivamente intitolati Relazioni, Solitudine, Silenzio, Corpo e Morte, che descrivono in pratica i grandi temi dell’esistenza umana.«Esiste una narrazione positiva di queste parole? C’è la riscoperta di una solitudine che salva, di un silenzio che introduce, di un corpo redento? C’è una morte che può essere vinta? Insieme cercheremo di entrare in ognuna di queste parole per trovare una direzione che ci conduca alla vita in fondo», si chiede a tal proposito l’Autore.
Il noto sacerdote, considerando il momento storico che stiamo vivendo segnato dalla presenza del Coronavirus e prendendo spunto da esperienze altrui raccontate attraverso lettere, indaga le profondità dell’animo umano. La pandemia sembra il motivo scatenante delle riflessioni quasi a testimoniare che non tutto il male viene per nuocere: «Il Coronavirus non ha peggiorato la realtà, in un certo senso l’ha rivelata», afferma Don Epicoco. In questo senso il lettore è esortato a rileggere la propria storia personale e a rivalutare condizioni e circostanze.
In merito alla solitudine leggiamo: «In che modo può manifestarsi un’esperienza di solitudine positiva? La prima caratteristica di una solitudine positiva è quella di essere scelta. […] La seconda cosa importante da dire rispetto alla solitudine positiva è che essa si manifesta non come separazione, non come rottura di relazione, ma come giusta distanza.[…] Se la solitudine è la giusta distanza dalla realtà, che ci permette di essere e di ritrovare noi stessi, il silenzio è la giusta distanza tra le parole, che permette alle nostre parole di tornare a essere significative».
Il libro si presenta in definitiva come un’accattivante catechesi, un invito a crescere in umanità, a tenere i piedi ben piantati a terra riconoscendo i limiti umani, della scienza, della medicina, della tecnica. In pratica è un invito ad imparare ad ascoltare l’altro: «L’ascolto è la carità di raccogliere la parola. Chi ascolta ti dichiara vivo. Chi ignora la tua parola ti fa morto».
Forti le esperienze narrate nelle lettere di chi il Coronavirus l’ha contratto in prima persona e non si è sentito più padrone del proprio corpo, oppure di chi ha dovuto sopportare la morte di una figlia. Affrontare il tema del corpo significa però affrontarne altri ad esso legati, come l’incarnazione di Cristo, la malattia, la sofferenza, il rapporto con il cibo, la sessualità, la cura del creato e l’autore non manca di trattare sia pure non esaustivamente, tutta quest’abbondanza di spunti.
Bellissimo infine l’Epilogo del libro, una sintesi della più alta speranza dell’uomo e dell’amore di Dio. L’esempio è nell’esperienza e nella figura di Giacobbe che combatte con Dio e ne chiede alla fine la benedizione. «Credo che questa sia la “luce in fondo” che tutti noi dobbiamo cercare– conclude Don Luigi Maria Epicoco –. Cercare una benedizione nella prova, nell’esperienza della fragilità che ci ha resi più autentici.[…]È la “luce in fondo”per cui tutto continua a valere la pena».
L’intento è di condurre alla luce che è Cristo stesso, e un cattolico già lo sa. La visione della storia deve essere cristologica altrimenti è svuotata di senso: è così che riscopriamo l’importanza delle relazioni perché Dio passa nelle relazioni tra gli uomini, la solitudine può essere vissuta come occasione positiva, il corpo è tempio dello Spirito Santo, il silenzio è prezioso, la morte è resurrezione.
Concordo sui contenuti esposti profondi e veritieri e mi ci ritrovo personalmente ho vissuto periodi bui è di solitudine ma non ho mai perso la speranza ho sempre visto.un Po di luce ed anche io ho lottato ma il chiarore é arrivato. Mi piace il commento al libro brava ed esauriente