Quelle preghiere e quei pensieri, raccolti da Stefania Perna, che aiutano a dare un senso ad ogni momento

Quelle preghiere e quei pensieri, raccolti da Stefania Perna, che aiutano a dare un senso ad ogni momento

Di Giuseppe Brienza

Papa Francesco ha ribadito che senza la preghiera è impossibile piacere a Dio e conservare la fede. Siccome è sempre necessario distinguere il “pregare” dal “dire preghiere”, Bergoglio ci ha quindi proposto di porci ogni giorno la seguente domanda: «La “mia” fede in Gesù Cristo, mi porta all’umiliazione? Non dico all’umiltà: all’umiliazione, al pentimento, alla preghiera che chiede: “Perdonami, Signore”» (Papa Francesco, Passo avanti. Messa a Santa Marta, in “L’Osservatore Romano”, 16 gennaio 2016, p. 8). Una richiesta, questa, che trova molte occasioni nella quotidianità ciascuno, che è alla ricerca di un continuo sguardo verso l’alto nel compimento dei propri doveri, anche banali, di ogni giorno.

In tale prospettiva nasce la raccolta di preghiere che, Stefania Perna, ha proposto nel volumetto intitolato “50 preghiere per i cercatori di speranza”, pubblicato da Effatà editrice (Cantalupa, TO 2014, pp. 142).

Barese, insegnante liceale, sposata e madre di tre figli, la prof.ssa Perna ha all’attivo un dottorato sulla letteratura cristiana, nel quale si è occupata in particolare dei Padri della Chiesa e di Sant’Ambrogio vescovo (340-397). Le conversazioni con le amiche, gli scambi di opinioni via Facebook, la spesa al supermercato, i rapporti con i figli: sono tutti spunti per l’autrice per le sue domande di senso dell’esistenza. Ne sono scaturite riflessioni non prive di qualche tocco di poesia, il cui punto di riferimento ultimo è sempre Dio e la santificazione della vita ordinaria.

L’approccio non è quello solenne o di lode caratteristico della preghiera tradizionale, in quanto affiora non di rado nei vari testi un certo senso di smarrimento e incertezza: «Sono bloccata Signore!– scrive nella prima preghiera, significativamente chiamata “Il paralitico” –. Dalle mie paure, tante, sempre nuove, ma in fondo sempre uguali. La paura di sbagliare mi paralizza corpo e anima, ogni giorno di più».

C’è poi la malinconia della preghiera intitolata “Il deserto”, nella quale leggiamo: «A volte sento come un deserto la mia casa con i figli che crescono e se ne vanno. Come un deserto il mio cuore, disilluso dall’amore e rassegnato al ripetersi di giorni sempre uguali». In queste parole traspare evidentemente la difficoltà di comprendere i piani del Signore, perché a un certo punto esclama: «E ti ripeto con Pietro: non ti importa che affondo?».

Dopo la costanza del pregare, però, anche se talvolta arido ed un poco distratto, le nebbie si diradano e, nel dialogo a tu per tu con Gesù, viene spontaneo confessargli: «c’è speranza, Signore, se tu inviti chi non può darti il contraccambio» e, come i dieci lebbrosi (cfr. Lc 17,11-19), ci fai «tornare guariti» (“C’è speranza”).

Ognuna delle 50 preghiere contenute nel libretto è seguita e corroborata da aforismi di santi, filosofi e uomini saggi di ogni epoca, non tutti cattolici o cristiani. Andiamo da san Giovanni Bosco (1815-1888) a san Josemaría Escrivá (1902-1975), fondatore dell’Opus Dei, da Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) a don Divo Barsotti (1914-2006), fondatore della Comunità dei Figli di Dio, da Khalil Gibran (1883-1931) a Romano Guardini (1885-1968), dalla filosofa ebrea Simone Weil (1909-1943) al noto scrittore Georges Bernanos (1888-1948), per finire con Chiara Lubich (1920-2008), la fondatrice del Movimento dei Focolari e tantissimi altri, compresi gli ultimi tre pontefici. Tutti nomi che confermano quanto la via della santità sia universale, ricca di profezia e trasversale alle culture e ai momenti storici.

All’interno della routine del quotidiano, le preghiere ed i pensieri del libro di Stefania Perna aiutano a cercare un senso in ogni momento, in ogni incontro, faccenda o dolore quotidiano. Così come ha fatto lei in tutte le 50 preghiere che appaiono innanzitutto come provocazioni a lottare, a non lasciarsi andare anche se esprimendo la propria fragilità e debolezza. Si può infatti ascoltare il mormorio di un vento leggero anche nell’apparente sconforto, nella stanchezza davanti ad una lavatrice oppure con gli occhi rossi fissi davanti ad un PC. In tutte le occasioni, se ci mettiamo alla presenza di Dio, è possibile trovare quella risposta che non è dispersa dal vento ma dal vento raccolta e portata a tutti.

Il libro “50 preghiere per i cercatori di speranza” è nato in effetti da varie e dirette vicende personali dell’autrice. Ad un certo punto, infatti, ha iniziato a porsi una serie di interrogativi esistenziali e a cercare risposte: nella lettura di tanti testi di grandi pensatori e santi, nel dialogo con persone credenti e che seguono varie spiritualità, nella frequentazione di catechesi, nella riflessione personale e soprattutto nella Scrittura ha trovato la via d’uscita. Per il bisogno e, perché no, il dovere della condivisione, la prof.ssa Perna si è messa quindi a scrivere, snocciolando pagine che sono al 100% invito alla speranza, al sapere che anche nelle situazioni più difficili e apparentemente chiuse la fede libera nuove possibilità di riuscita e di salvezza.

«In fondo – ha dichiarato in una recente intervista –, il centro della nostra fede è il credere nella Risurrezione, il che vuol dire che questo è il destino finale di tutte le nostre situazioni di morte, a livello sociale come a livello personale. L’importante è solo permettere a Dio di raggiungerci, proprio dove tutto sembra finito».

Ne scaturisce alla fine un messaggio di fiducia, un “non temete” rivolto a tutti, anche in un presente così denso di pessimismo e materialità. Proprio oggi, infatti, il clima di relativismo culturale in cui viviamo, ci rende di fatto (anche se spesso in forme di cui non siamo coscienti) grandi cercatori di fede e di speranza.

Nella scelta del titolo l’autrice si è ispirata ad una recente “Lettera ai cercatori di Dio”, rivolta ai fedeli italiani dalla Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi(12 aprile 2009).Il titolo del suo libro, che ha maggiormente a che fare con la speranza, parte appunto da due frasi scelte in questo documento: «La speranza ha a che fare con la gioia di vivere. Suppone un futuro da attendere, da preparare, da desiderare» e «Siamo cercatori di felicità, appassionati e mai sazi». «Io ritengo– spiega al proposito Stefania Perna – che credere al futuro, cercare la felicità, voglia dire essenzialmente, aprirsi all’ intreccio della fede e della speranza, accettare di essere amati da Dio e cercarne le tracce nella Scrittura e nella vita. Mi piace tantissimo questa frase, che è un po’ la sintesi del messaggio delle preghiere del mio libro “Il mio più grande atto di fede è credere che Gesù possa amarmi” (Beata Candida dell’Eucaristia)».

La fede è essenzialmente arrivare all’incontro con Qualcuno, che “per me” è qui, vicino, ora e ha da dire qualcosa di bene (bene-dicere) alla mia vita, ogni giorno. «Personalmente– sono sempre parole dell’autrice – ritengo che la fede sia l’accorgersi di quanto, tutto il Vangelo, tutte le parole e le azioni di Gesù, “c’entrino” con la mia vita. Nel duplice senso della parola “c’entrino”: che la riguardano e che ne costituiscono il centro. Cioè tutto, è “per me”. Un po’ la grande scoperta di san Paolo: “Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me” (Gal 2)».

«Nella preghiera di Stefania si individua chiaramente il sottotraccia di una vicenda piccola e giornaliera che la colpisce – di solito la ferisce – e che viene avvolta nel buon pane del Vangelo», si legge nell’introduzione.

Questo significa che bisogna spiegare il senso di quello che si dice o si fa, perché non ci si può più accontentare di ripetizioni mnemoniche, ma è necessario conoscere tutto ciò che è dietro le formule, del “dire preghiere”. E contemporaneamente, bisogna crescere nella preghiera, come impasto della propria vita con il Vangelo. Il che è una sfida bellissima e sempre nuova, perché legare preghiera e vita, vuol dire non stancarsi mai né di Dio, né della preghiera!

 

In Corriere del Sud n. 1
anno XXV/16, p. 3

 

 

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