“Ripartenza” a scuola, nell’attesa che la politica torni a fare il suo mestiere…
Di Gian Piero Bonfanti
Ieri si è tornati finalmente in aula in 12 Regioni d’Italia e nella provincia di Trento, il primo giorno dopo 6 mesi…
Uno degli aspetti che più ha caratterizzato la nostra gioventù e che ancora ci fa avere un vivido ricordo della scuola è stato sicuramente quel sentimento di curiosità ed impazienza di ripartire all’inizio di ogni anno scolastico.
Ci riferiamo a quando eravamo piccoli e venivamo accompagnati dai genitori a scuola il primo giorno delle elementari, e conoscevamo i primi compagni di classe ed i primi maestri.
L’emozione e la percezione di “diventare grandi” ci faceva sentire orgogliosi e fieri, al punto tale che l’argomento scuola diveniva il tema principale in ogni nostro racconto. E così negli anni a seguire, intraprendendo un percorso di crescita condiviso con i coetanei.
Ogni anno era contraddistinto dal ritrovarsi per il racconto delle vacanze, riabbracciarsi e ripartire con le batterie cariche nel percorso di un nuovo anno.
Crescendo, passando dalle medie alle superiori, la voglia di andare scuola andava scemando ma le emozioni erano sempre ben presenti in tutti noi, come pure la curiosità di trovare nuovi ambienti, compagni o docenti.
Tutto questo ora non c’è più o, per lo meno, tutto è mutato.
I genitori sono preoccupati per ciò che può accadere ai figli a scuola, chi per la paura del contagio, chi per l’aspetto psicologico, chi per i vaccini o altro.
La loro inquietudine viene inevitabilmente trasmessa ai figli che, somatizzando questa tensione, non riescono a stare tranquilli.
I maestri ed i professori vivono una situazione mista a grande preoccupazione e rassegnazione, perdendo quell’aspetto rassicurante che ogni docente infondeva ai suoi alunni.
Gli studenti a questo punto, nascosti dietro le loro mascherine ormai divenute protesi mobili dei loro corpi, vivono emozioni che noi non abbiamo mai provato e situazioni che mai avremmo potuto pensare potessero accadere.
Tutto l’aspetto romantico legato all’amicizia, all’empatia, alla socializzazione, alla convivenza, ai primi innamoramenti e corteggiamenti e tutto il resto…buttato via, spazzato da questa situazione degna di un romanzo distopico.
Serviranno tutte queste disposizioni? Saranno ciò che salverà l’umanità? A quale costo però?
L’aspetto sociale è stato completamente resettato e ci ritroveremo con problemi molto gravi, forse ancora più importanti della pandemia.
In aggiunta a tutto questo, veniamo sommersi da spot di personaggi pubblici che raccomandano distanziamenti e mascherine, e se solo non acconsentissimo a tutto questo allarmismo, passeremmo da irresponsabili o “negazionisti”.
Alcuni uomini di spettacolo hanno addirittura cercato in modo patetico di dare alle mascherine un valore estetico positivo, esaltando la copertura del volto e la valorizzazione dello sguardo, associandole alla velatura tipico delle donne orientali. Ma lasciamo perdere e pensiamo come in un contesto come quello che stanno vivendo i nostri ragazzi quale posto assumerà la didattica? Come sarà vissuta?
Se la “ripartenza” è caratterizzata da questi presupposti, quale sarà la forza propulsiva che aiuterà i nostri figli in questo anno difficile?
Di sicuro quello che abbiamo potuto vivere nella nostra gioventù non riusciremo purtroppo a farlo vivere ai nostri giovani.
Lo stesso Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha affermato che la ripartenza della scuola sarebbe stata una situazione sotto controllo, quasi una passeggiata.Probabilmente si è dovuto ricredere al ricevimento della lettera della presidenza della scuola di suo figlio, nella quale erano espresse le preoccupazioni di tutto il corpo docente.
Se questo è successo a lui possiamo immaginare quali frustrazioni proverà la “gente comune”. Come sempre la nostra fiducia non può che rimanere negli insegnanti e nelle famiglie, in attesa che la politica torni a fare il suo mestiere…
Foto: profilo Twitter del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti