Padre Cavalcoli: “l’ondata fangosa del buonismo minaccia di sommergerci tutti”
A cura della Redazione
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UN LIBRO DA LEGGERE
Una analisi dal punto di vista teologico della pandemia che stiamo vivendo. E’ questo il contenuto dell’ultimo libro del noto teologo Domenicano Padre Giovanni Cavalcoli, Perché peccando ho meritato i tuoi castighi. Un teologo davanti al coronavirus (Chorabooks 2020).
“‘Mio Dio mi pento e mi dolgo dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi’. Queste sagge parole ispirate alle Scritture ed alla più genuina ascetica cristiana sono messe a repentaglio, per non dire respinte dall’ondata fangosa del buonismo, che minaccia di sommergerci tutti, con la sua falsa carità, e invece è un virus ancora più pericoloso del coronavirus, perché questo è stato inventato dalla natura, mentre quello è un invenzione del demonio”, scrive Padre Cavalcoli.
“Diciamo allora che nei momenti di pubblica calamità, come questo del coronavirus, momenti nei quali gli animi sono spaventati ed angosciati, momenti che vedono nella natura una dea crudele, dubitano della bontà e dell’onnipotenza divina, pensano che Dio non s’interessi di loro, o si interrogano su quale messaggio Dio vuol darci con questa sventura, i pastori, da buoni medici dello spirito, sono più che mai chiamati, insieme con i medici del corpo, ad approntare ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà, adeguate cure mediche ricavate dalla prassi di Gesù Cristo, Medico celeste, e da quella meravigliosa e miracolosa farmacia, che è la Sacra Scrittura. Hanno pertanto l’obbligo di conoscerla e interpretarla bene, respingendo le false interpretazioni, e facendo attenzione a non scambiare farmaci per veleni e veleni per farmaci. È un compito delicato, perché alcuni farmaci biblici sembrano veleni e alcuni apparenti veleni sono in realtà farmaci; certe cure dolorose in realtà fanno bene, mentre certi palliativi piacevoli o apparentemente saggi lasciano il malato com’è o addirittura peggiorano il male”, aggiunge Cavalcoli.
“In queste circostanze, pertanto, i pastori sono chiamati, insieme con i medici del corpo, ad un sommo impegno nelle opere della misericordia, i medici in quella corporale, i pastori in quella spirituale. E in particolare sono chiamati a istruire con la Parola di Dio circa le medicine da assumere e gli espedienti da adottare, per istruire coloro che non capiscono che cosa sta succedendo o si illudono di poter risolvere tutto con mezzi semplicemente umani. Sono chiamati a consigliare i dubbiosi, che dubitano della divina Provvidenza, o addirittura della stessa esistenza di Dio, o comunque si sentono abbandonati da Dio, sono tentati di maledirLo e alla disperazione, facendo loro capire che in realtà Dio è sempre presente con la sua misericordia, anche se la sua giustizia esige che ci purifichiamo dai nostri peccati col sangue di Cristo. Sono chiamati altresì ad ammonire i peccatori, a far loro presente che Dio castiga il peccato, esortandoli quindi a tornare a Lui, con l’approfittare di questo periodo di sofferenza, per scontare i loro peccati, unendosi alla croce di Cristo, ed avvertendoli che se non si convertono, capiterà loro anche qualcosa di peggio ed anzi finiranno nel fuoco eterno. Sono chiamati altresì a consolare gli afflitti con una medicina che a tutta prima sembra fatta apposta per suscitare l’indignazione contro Dio piuttosto che a favorire la rassegnazione e la confidenza in Lui. Ricordare infatti a chi è già sotto il peso della sventura che essa è un castigo divino dei peccati, può essere troppo per chi, innocente già sofferente, può ricevere l’impressione che ciò che egli patisce è il castigo per i suoi peccati. I predicatori devono avere allora cura di precisare che Dio punisce i peccatori e non gli innocenti e che, se li fa soffrire, è per unirli alla croce di Cristo. La medicina consolatrice è allora appunto la coscienza di patire con Cristo”, spiega il teologo domenicano.
“Occorre che i predicatori spieghino ai fedeli sofferenti, ma bisognosi di conversione, che Cristo, Medico delle anime e dei corpi, offre a loro per mezzo dei sacerdoti, medici dello spirito, una cura, che a somiglianza di quella del corpo, potrebbe essere chiamata «terapia di supporto», così come in medicina viene chiamata una cura formata da una composizione di più farmaci, tutti finalizzati alla cura di una medesima patologia. Noi diciamo che un medico è un buon medico non quello che lascia il malato com’è per non somministragli una cura dolorosa, ma quello che lo guarisce con una cura dolorosa. Ebbene, Dio con la presente pandemia, si sta comportando come buon medico, in un modo simile. Dio ci parla e ci cura per mezzo della Scrittura; ed essa, infatti, mediata dalla dottrina della Chiesa, ci offre un insieme organico di farmaci, che sono concetti di fede, i quali, assunti e messi in pratica dal fedele, costituiscono una cura dello spirito, tale da consentirci di superare la prova presente, senza che ciò debba affatto escludere l’adozione di tutti i mezzi umani possibili per sconfiggere il male. Questa terapia di supporto è costituita dalla composizione logica e consequenziale dei seguenti concetti: bontà divina – giustizia e misericordia divine – concetto di peccato – peccato originale – castigo del peccato – pentimento – penitenza – sacrificio di Cristo – perdono divino – salvezza”, conclude Cavalcoli.