La bioeticista Giulia Bovassi: “sessualità spersonalizzata e convertita a ‘esercizio sessuale'”

La bioeticista Giulia Bovassi: “sessualità spersonalizzata e convertita a ‘esercizio sessuale'”

di Matteo Orlando

INTERVISTA ALLA BIOETICISTA GIULIA BOVASSI

La “sessualità è stata spersonalizzata e convertita ad ‘esercizio sessuale'”. Lo dice a Informazione Cattolica la bioeticista Giulia Bovassi. E in merito all’emergenza Coronavirus aggiunge: “dal punto di vista strettamente bioetico nutro alcuni timori in merito alla quasi completa assenza dell’apporto etico in alcuni ambiti della gestione bio-politica”.

Giulia Bovassi, classe 1991, studi filosofici presso l’Università degli Studi di Padova, licenza in Bioetica e perfezionamento in “Neurobioetica e Transumanesimo” presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (APRA), è una giovanissima ed apprezzata bioeticista.

Nonostante la giovane età la dottoressa Bovassi ha all’attivo diverse pubblicazioni accademiche e anche alcune opere di saggistica. Dopo “L’eco della solidità. La nostalgia del richiamo tra antropologia liquida e postumanesimo”, ha ricevuto notevoli consensi la sua “Guida bioetica per terrestri. Da Fulton Sheen al cybersesso”, edito da Berica Editrice

Dopo un master in Consulenza Filosofica e Antropologia Esistenziale conseguito presso l’Università Europea di Roma e l’APRA, attualmente Giulia Bovassi è research scholar della Cattedra Unesco in “Bioetica e Diritti Umani”. L’abbiamo intervistata.

Dottoressa, i matrimoni gay e gli aborti sono, come dice Benedetto XVI, segni dell’Anticristo?

“Penso che la Chiesa debba essere “nel mondo, ma non del mondo” rispondendo alla Verità sulla creatura umana tramite la difesa della sacralità della vita, dal concepimento alla morte naturale, e dell’istituto familiare formato dall’unione complementare di due alterità, maschile e femminile. Siamo in un Paese che per ora protegge e garantisce il diritto fondamentale alla libertà religiosa, intellettuale, di pensiero ed espressione perciò se è legittimo che vi siano divergenze morali o culturali in merito e che esse convivano, non lo è affossare o demonizzare chi esercita la propria libertà pubblicamente”.

Il Papa emerito ha parlato recentemente della creazione di esseri umani in laboratorio. Da bioeticista come valuta le varie forme di fecondazione artificiale e perché?

“Quando si entra nell’ampia gamma di tecnologie utilizzate nella cosiddetta ‘Procreazione Medicalmente Assistita’ (anche se ritengo sia infelice come dicitura) occorre anzitutto distinguere tra Inseminazione Artificiale e Fecondazione Artificiale, che richiedono un discernimento bioetico differenziato. Per quanto concerne la seconda tipologia citata vanno distinte le metodiche extracorporee (FIV-ET e ICSI), in cui dapprima vengono prelevati gamete maschile e gamete femminile, successivamente avviene la fecondazione in provetta e infine si procede con il trasferimento dell’embrione nell’utero materno; da quella intracorporea (GIFT) dove i due gameti, maschile e femminile, vengono trasferiti entrambi nelle tube di Falloppio (non nell’utero) dove avviene la fecondazione e poi tutto prosegue secondo natura. Deve essere tenuta a mente anche la distinzione tra fecondazione artificiale omologa, dove i due gameti provengono dalla coppia che ha commissionato la procedura; ed eterologa, in cui uno o entrambi i gameti appartengono a donatori estranei alla coppia richiedente. Dal punto di vista bioetico subentrano molteplici fattori: dalla rottura dell’unità familiare con l’avvento indelebile di una figura terza (o più) ed estranea alla coppia e la sostituzione del compito affidato ai potenziali genitori di cooperare alla generazione mediante procreazione; alla frattura radicale tra dimensione unitiva e procreativa dell’atto sessuale nella delega all’interferenza tecnica, con la quale natura, assiologia e antropologia sessuale vengono completamente rovesciati e resi asettici. Ulteriore motivo per cui si valutano illegittime moralmente queste metodiche è la dignità del concepito e il rispetto nei confronti di un membro della specie umana reso un prodotto, anziché un dono, sul quale esercitare diritto di proprietà: un prodotto ordinato e selezionato qualitativamente secondo standard di idoneità e preferenze. Quest’ultimo aspetto apre tutta una serie di gravi questioni sulla riduzione e selezione embrionale, le spinte eugenetiche nella diagnosi preimpianto, nonché la produzione di embrioni in eccesso cui destino ultimo (quando non vengono distrutti) è sostanzialmente una vita già iniziata e ‘sospesa’ mediante crioconservazione (con tutti i rischi per l’integrità fisica e la sopravvivenza dovuti all’iter di congelamento/scongelamento), in attesa che venga loro concesso di continuare a vivere(anche l’opzione dell’adozione è una questione ampiamente controversa e dibattuta). È chiaro che alle spalle di queste metodiche il più delle volte vi sono ferite e sofferenze, individuali o familiari, dalle quali matura non solo il noto ‘desiderio al figlio’ ma il ‘desiderio al figlio ad ogni costo’, eppure sappiamo anche che un fine buono (diventare madri o padri) non giustifica ogni mezzo per conseguirlo al punto da sostenere dirette violazioni del rispetto dovuto ai beni non negoziabili e alla dignità, propri della persona. Quanto compiuto con queste tecniche non si pone ad aiuto (assistenza) e complemento, ma assume carattere sostitutivo nel legame coniugale e genitoriale provocando lesioni direttamente sull’identità del figlio, che percepirà le sue origini ‘violate’ dell’intimo calore nuziale e, nel caso dell’eterologa, del riferimento biologico alla propria storia personale”.

“Guida bioetica per terrestri. Da Fulton Sheen al cybersesso”, edito da Berica Editrice, è la sua ultima fatica letteraria. Lei scrive di castità prematrimoniale, matrimonio a tre (sposo, sposa, Cristo) ed elogia l’alterità maschio-femmina nel matrimonio. Perché il mondo non accetta più questi principi naturali e cristiani?

“A mio parere la società post-moderna è stata intorpidita dall’assuefazione provocata con la diffusione radiale di pacchetti morali e antropologici incisi trasversalmente dal fenomeno della secolarizzazione, che ha portato con sé nichilismo nei confronti della fede e della metafisica. Appiattendo la tensione verticale della creatura verso il Creatore in una sopravvivenza autosufficiente del tutto orizzontale, l’uomo ha smesso di cercare la verità autentica della sua natura costruendosi nuove religiosità immanenti e tangibili, arrivando a contraddire lo scopo iniziale di questa alienazione fluida: sciogliere la possibilità di una verità oggettiva e della normatività. Nel farlo però, nel cedere alla ‘dittatura del relativismo’, l’uomo è caduto preda dei suoi dogmatici ‘assoluti’! Uno dei più invasivi, perché dotato di grande attrattiva, è senza dubbio la perversione della libertà in licenziosità dal quale ha preso forma quel mantra oggigiorno spesso evocato di un ‘diritto al desiderio’, che ha sostanzialmente banalizzato il concetto di sacrificio, ordine e pudore perché ognuno di essi richiede uno sforzo personale che è anche privazione in vista di un bene maggiore. E la privazione si scontra con l’ingordigia. Come dice lei, nel testo, affronto castità prematrimoniale e continenza coniugale, il significato del Sacramento nuziale e il valore della complementarietà maschile/femminile, ma ognuno di questi temi è proposto avendo come prospettiva la trasmissione della bellezza, non della privazione ‘in negativo’. Temo che, oltre a tutti gli aspetti citati poco fa, una delle cause della perdita delle dimensioni elencate sia proprio il venir meno di strumenti (tra cui il coraggio) capaci di mostrarle come cibo per l’anima”.

Lei scrive di sessualità “in svendita”. A cosa si riferisce?

“Sessualità ‘in svendita’ apre alla riflessione sulle derive nefaste di una sessualità spersonalizzata e convertita a sinonimo di ‘esercizio sessuale’; usando le parole di Fulton Sheen si è degenerati nella confusione tra ‘ghiandolare’ e ‘spirituale’ facendo dei due una poltiglia caotica. La sessualità coinvolge la totalità della persona in quell’unicum di corpo, psiche e anima che ella incarna, consentendole, mediante l’espressione unitiva e procreativa dell’incontro sessuale, di donarsi interamente all’altro con disposizione completa ad accogliere la vita. Questo vissuto sponsale della sessualità si codifica con caratteri ben distinti dall’esasperazione consumistica delle pulsioni che vede l’essere umano loro servo alle dipendenze di un piacere narcisistico. L’erotismo è essenzialmente questo: affannarsi verso il godimento consumistico di un piacere rivolto solo a se stessi, dove l’altro risulta essere oggetto/mezzo per poterlo conseguire. Una sessualità isolata ed egotistica, scollata dalla comunione e dalla complementarietà, svincolata dalla genitorialità ha spianato la strada non solo al venir meno del pudore, ma alla mancanza di controllo tipica di abusi e perversioni, generando continue solitudini, come dimostra l’esempio del cybersesso”.

Dal punto di vista etico e bioetico cosa teme possa emergere nel post-Covid 19?

“Al di là delle comuni preoccupazioni diffuse e condivise sul possibile ritorno crescente di contagi sul quale nessuno per ora ha certezze assolute (senza contare l’insieme delle implicazioni concatenate dal punto vista biopolitico, economico, educativo-scolastico, sanitario, etc.), dal punto di vista strettamente bioetico nutro alcuni timori in merito alla quasi completa assenza dell’apporto etico in alcuni ambiti della gestione biopolitica, che certamente ne avrebbero beneficiato già nelle fasi oramai superate e che senza dubbio avranno bisogno di simile supporto al fine di compiere puntuali itinerari di discernimento morale. Parlo, ad esempio, delle decisioni in merito alla legittimità etica nell’utilizzo di sistemi di tracciamento digitale; mi chiedo anche se nel nostro Paese (in altri so essere stato fatto) sono stati interpellati esperti per ragionare circa l’eticità della sperimentazione dei vaccini su volontari sani con tempistiche di indagine ristrette rispetto alla norma. Guardando al futuro auspico alcuni punti di svolta morale e antropologica: anzitutto sulla dignità intrinseca della persona-paziente anziana in opposizione alle tendenze provenienti da alcuni modelli culturali utilitaristi di screditare il valore che questa fascia di popolazione detiene auspicando misure di sostanziale abbandono. Inoltre credo siano da studiare modelli nuovi di allocazione delle risorse nel settore sanitario che tengano conto e rendano giustizia all’operato dei professionisti e al valore della ricerca, ora che un fenomeno pandemico ne ha servito un drammatico promemoria. Vi sarà anche l’esigenza di una nuova ossatura bioetica nell’alleanza medico-paziente, che sarà certamente una dimensione rinvigorita dal punto di vista umano a seguito di quanto vissuto durante i mesi passati; nonché il necessario ripristino dell’autentica natura della vocazione medica dedita al servizio per la cura e la vita, non della morte sulla vita. Infine lo stile di vita e la cura della persona avranno bisogno di dar spazio a riflessioni a proposito della salute pubblica nell’ottica della bioetica globale, data l’estensione planetaria e l’interconnessione raggiunta da Covid-19. Come sempre accade a cavallo di una crisi consistente, l’uomo vede davanti a sé drammi e fioriture, ma quanto ne deriverà dipende dall’impianto valoriale che farà proprio il quale, a mio parere, non potrà che fiorire dalla vulnerabilità costitutiva che ci caratterizza”.

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