Il “bue muto” la cui dottrina è udita in tutto il mondo: il Dottore Angelico San Tommaso d’Aquino
Trema la penna e il cuore all’idea di scrivere, io che sono appena giornalista e poco più scrittrice (ma la penna mia è tutta quanta e solo del Signore), di San Tommaso d’Aquino, il Dottore Angelico, l’autore della Summa Theologiae che molti di quanti la citano non hanno neppur sfogliato una sola volta in vita loro.
Trema la penna e il cuore, ma l’anima si rasserena perché, penso e dico, il mio Tommaso sarà un Masetto quotidiano, tutto ritagliato nei luoghi suoi della fanciullezza e dove camminava, piccino, con la testa a Dio.
Ho promesso a tanti aquinati, seduti al bar in piazzetta, durante una mia breve visita domenicale ad Aquino, di scrivere del loro Santo grande e anche di un altro Santo grande loro che fu Vescovo e che si chiamava Costanzo. Uno alla volta, dunque, e comincio dal più famoso che qui, all’ombra di queste montagne azzurre del basso Lazio, che fanno da balza al sole, nacque dalla nobile famiglia dei Conti d’Aquino. E proprio dal palazzo di famiglia che è alle spalle del bar di Angela, dove, con un’amica, mi sono seduta nell’arsura agostana per un caffè e un poco d’acqua, partirà il mio breve viaggio rincorrendo Tommaso.
Due passi, con un inchino alla Madonnina, che protegge, come dice Angela, il suo bar, ed eccoci davanti a una costruzione in pietra nuda che reca, grande come l’abitazione stessa, una scritta: “Casa di San Tommaso”. Due graziose bifore con colonnine fiorite sembrano dare il benvenuto, mi sorridono, dicendo “vieni vieni” come occhi di bambini appena svegli in primavera. Salire i ripidi gradini predisposti per l’anticovid e rompersi il femore è un tutt’uno. Ma pazienza, lo segnaliamo sul libro delle visite e saliamo.
Dentro, gli ambienti sono due e uno anche piccolino. Tutto qui, mi dico, la casa del potente Conte d’Aquino, Landolfo, padre di Tommaso e di donna Teodora Galluccio, nobildonna teanese? Ma sento la voce sonora del mio amico fiorentino, Marco, che mi insegna via whatsapp quel che mi manca nell’istruzione.
Mi arrivano, infatti, una truppa di messaggi che smagano il mito. Non si sa bene dove è nato San Tommaso. Forse a Roccasecca, dove suo padre aveva un castello che ancora oggi svetta, in mozzo girotondo di mura e torri sul paese omonimo. Per me, di ritorno a Roma, soltanto un cartello stradale in conto di chilometri.
Ma torniamo dentro dove due simpatici custodi ci avvertono che la casa s’apre al turismo solo ai fine settimana. Sicché, possiamo dirlo, siamo benedetti. Tra tutto, mi fermo ad ammirare un’acquaforte che racconta Tommaso immerso nello studio, mentre la colomba dello Spirito Santo gli sussurra nell’orecchio, indicandogli la strada dove siede la Sapienza alla destra del Signore.
Prima di lasciare Aquino, come ci ha detto Angela (la quale ci ha anche offerto i ghiaccioli per conservare le mozzarelle di bufala comperate in uno spaccio di Venafro), facciamo una visita alla chiesa di Santa Maria della Libera che, in cima a un’ariosa scalea, ci attende nel suo elegante vuoto romanico. C’è un matrimonio e tanti fiori bianchi.
Mi fermo ad ammirare, sul portale d’entrata una lunetta che parla di Tommaso e della sua famiglia. In un mosaico infatti ecco Maria con Gesù Bambino. Alla destra e alla sinistra della Santa Mamma nostra, due donne, di certo defunte, rappresentate nelle arche loro: sono Ottolina e Maria, due zie di Tommaso!
Prima di scendere ad Aquino, dove – e non lo sapevo purtroppo – alla domenica la piazza principale si anima di un bel mercato, eravamo salite, torno e in tondo alla montagna, su su fino all’Abbazia di Montecassino, dove Tommaso, bambino, era stato accolto dai monaci benedettini e dove suo padre avrebbe voluto, quando la chiamata arrivò a Tommaso ancora giovanetto, vederlo Abate. Ma Tommaso scelse di seguire i predicatori di San Domenico, un ordine mendicante. Un’onta per un nobile! Troppo per sua madre, Teodora, che tentò di farlo acciuffare dai fratelli e chiudere in casa. Il rapimento non riuscì e Tommaso andò a studiare a Parigi e poi a Colonia. Il suo insegnante: Sant’Alberto Magno, detto Doctor Universalis…
E Alberto Magno del “bue muto” (come, in scherno lo chiamavano i compagni di corso), disse: “Un giorno i muggiti della sua dottrina saranno uditi in tutto il mondo». Profetico Sant’Alberto Magno lo era davvero, se è vero, come è vero, che San Tommaso è, per così dire, diventato un aggettivo. “Tomista” è chi segue le dottrine del Dottore angelico cioè raggiungere Dio, attraverso la ragione, ma con il concorso, di cui non si può fare a meno, della grazia divina. Insegnò a Parigi, torno in Italia e morì, durante un viaggio mai concluso per Lione, dove Papa Gregorio X aveva convocato un Concilio, nell’Abbazia di Fossanova dove un giorno di tanti anni fa, in visita quasi privata, da un elicottero bianco, scese Papa Paolo VI, a lui devotissimo.
Visse cinquant’anni, San Tommaso, studiò sempre, scrisse libri definitivi e ancora oggi, anche a Roma, dove sono tornata dopo la gita aquinate, è un poco ovunque. Per me sono due passi per raggiungere l’Università Pontificia San Tommaso d’Aquino, detta dai romani l’Angelicum, dedicata al gran dottore della Chiesa. Fuga di aule e stanze e un via vai continuo di suore, sacerdoti, religiosi.
Se voglio poi stare a tu per tu con il Santo, in santo silenzio e orazione, me ne vado alla Minerva, cioè a Santa Maria sopra Minerva (chiesa dedicata anche all’aquinate), in raccoglimento davanti alla Cappella Carafa, dove Tommaso diventa vivo negli stupendi affreschi di Filippino Lippi.
San Tommaso, professore in cattedra, mette a nudo, schiacciandolo con la Sapienza divina, il dotto del mondo. San Tommaso riceve i complimenti da Gesù, mentre un monaco, terrorizzato dalla voce del Signore, scappa via, tenendosi la tonaca… E bello, bellissimo il tripudio festante e colorato di angeli vestiti alla moda del Quattrocento che sembrano benedire e render musicale la scena centrale della cappella dove il Cardinale Carafa assiste, in santa ammirazione, all’Annunciazione e San Tommaso, alle sue spalle, lo incoraggia e gli offre il suo sostegno.
Benedetta De Vito