Da seminatore di terrore durante la II Guerra Mondiale alla probabile beatificazione
Tra coloro che sorvolarono Nagasaki come osservatore della missione americana c’era qualcuno a cui la duplice ecatombe stravolse letteralmente la vita. Si chiamava Leonard Cheshire (1917-1992).
La vita di questo aviatore nato nel 1917 a Chester, in Inghilterra, è degna della più emozionante sceneggiatura. Al servizio della britannica Royal Air Force (Raf), è stato uno dei piloti bombardieri più celebrati della Seconda Guerra Mondiale, tanto da meritare la Victoria Cross, massima onorificenza militare inglese.
Quando il capitano Cheshire vide cadere su Nagasaki l’ultima bomba, quel grosso proiettile al plutonio che qualche spirito macabro aveva battezzato “Fat Man”, la sua esistenza prese tutt’altra direzione. Quella della fede cattolica.
Nel settembre del 2017, in occasione del centenario della nascita di Cheshire, il vescovo della diocesi dell’East Anglia ha avviato il processo di beatificazione. Sono molti ad augurarsi, e non solo in Inghilterra, che questo si concluda positivamente. Se così fosse, il mondo cattolico avrà un santo che, dopo aver seminato terrore nei cieli infuocati della Seconda Guerra Mondiale, ha aperto il suo cuore alla Carità, suggellando il suo impegno con le parole che ognuno dei 7000 volontari della sua Fondazione a favore dei disabili conosce a memoria: «Dobbiamo mirare in alto, essere soddisfatti con niente di meno del meglio e impegnarci totalmente e senza riserve a partecipare alla lotta per costruire un mondo più vivibile».
Come ricordò il giorno del suo funerale il cardinale Basil Hume, presidente della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles, «il capitano Cheshire aveva permesso a Dio di entrare nella sua vita, e Dio lo aveva completamente trasformato».
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