La dipendenza dal gioco continua a rovinare sempre più famiglie

La dipendenza dal gioco continua a rovinare sempre più famiglie

In un convegno di studi recentemente organizzato dall‘Istituto Petroniano di Studi Sociali dell’Emilia Romagna (IPSSER – www.ipsser.it-) e dall’Istituto Veritatis Splendor è stata finalmente posta, nel più qualificato livello scientifico ed interdisciplinare, l’attenzione sulle insidie e le emergenze sociali del gioco d’azzardo nel nostro Paese. Il convegno, che si è tenuto a Bologna il 26 gennaio scorso con il patrocinio dell’Università della stessa città, ha proposto una importante riflessione sul fenomeno sociale del gioco d’azzardo e sulle possibili implicazioni sotto i diversi punti di vista medico, psicologico, giuridico, economico, sociologico ed etico (cfr. La vita non è un colpo di fortuna, in Zenit, 17 gennaio 2013).

Allo scopo di promuovere una presa di coscienza e di responsabilità nelle Istituzioni nazionali e nella società civile italiana, insieme con impegni di prevenzione e di cura in una prospettiva di aiuto alle persone, con il presente studio si proporranno alcuni elementi e considerazioni su due campi tenuti fuori dal convegno su citato, ed apparentemente distinti fra di loro: quello finanziario e quello religioso.

Iniziamo dunque con il primo settore, quello finanziario, focalizzando l’attenzione sul piano statistico. Si attingerà, quindi, ai dati sulla raccolta e sulle vincite ai giochi presenti sul sito dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Istituzione preposta al controllo del gioco pubblico in Italia. Il dato che più macroscopicamente rende l’idea della crescita del fenomeno, è quello che si ottiene comparando il totale della “raccolta”, rispettivamente, nel gennaio 2011 e nell’ottobre 2012. Ebbene, lo Stato ha incassato per il gioco pubblico, vale a dire per lotterie, lotto, superenalotto, ippica etc., nel 2011 più di 62 milioni di euro. Questa cifra è schizzata a ben 70.262 milioni di euro nell’ottobre 2012, con un incremento quindi registrato in poco più di 20 mesi del 13% (fonte AAMS – http://www.aams.gov.it/). Come rilevato quindi da alcuni media più attenti al collegamento esistente fra dinamiche psicologiche individuali e secolarizzazione collettiva, dopo che negli Stati Uniti da almeno un decennio se ne stanno denunciando i costi sociali, anche in Italia il fenomeno sta dilagando (cfr. Giuseppe Brienza, Gioco d’azzardo, dipendenza moderna, in Vatican Insider, 21 maggio 2012).

Eccoci quindi al secondo “campo” della nostra analisi sul fenomeno dei giochi, che è stato stimolato, in particolare, da uno studio pubblicato lo scorso anno dal Center of Public Conversation dell’Institute for American Values di New York, a firma del ricercatore Paul Davies, con il clamoroso titolo: La cattiva scommessa dell’America: perché la crescente partnership tra governi e casinò è un patto col diavolo (“America’s Bad Bet: Why the Growing Government-Casino Partnership is a Deal with the Devil”). La ricerca documenta il rilevante impatto negativo del gioco d’azzardo negli Stati Uniti, collegandolo con l’anomia valoriale e la demolizione familiare che, sempre più, ne sta colpendo non solo le fasce sociali più “basse”.

Il rapporto denuncia la perversa strategia intrapresa da molti degli Stati federati che, con il perdurare dell’anemica crescita economica caratterizzata da gettito fiscale in ribasso, sta indulgendo nella sempre maggiore “legalizzazione” del gioco d’azzardo nella speranza di procacciare fondi aggiuntivi alle finanze pubbliche. Proprio nello Stato di New York il governatore Mario Cuomo ha infatti proposto di modificare la costituzione federale, per legalizzare una volta per tutte i casinò commerciali. Il Michigan gli sta andando a ruota mentre, il primo casinò dell’Ohio, è stato aperto nel maggio 2012 a Cleveland, cui ne è seguito un secondo nel giugno successivo a Toledo.

Nel Maryland, nel novembre dello scorso anno, si è votato per l’apertura di un sesto casinò oltre che per l’aggiunta di tavoli da gioco nei casinò già esistenti. I danni sociali ingenerati da tali dinamiche affliggono soprattutto ma non solo gli strati più emarginati e poveri della popolazione, coinvolti nel vizio del gioco e quindi poco propensi a cercare un proprio riscatto sociale attraverso il lavoro.

Sebbene le statistiche ufficiali del gioco d’azzardo negli Stati Uniti risalgano ancora al 2006, come rilevato dall’agenzia di stampa cattolica “Zenit”, in quell’anno gli americani hanno perso al gioco la stratosferica cifra di 91 miliardi di dollari. «La seduzione dell’arricchimento rapido e facile, – ha commentato al proposito padre John Flynn, della Congregazione dei Legionari di Cristo –, ben si sposa con la mentalità contemporanea della gratificazione istantanea. La maggior parte dei giocatori vengono dalle categorie meno capaci di sostenere l’onere delle loro inevitabili perdite: anziani, minoranze e classe operaia. […] Un gioco d’azzardo più diffuso può sembrare un’opzione attraente per i governi ma a tutto discapito della gente, della quale sono tenuti a proteggere il welfare» (Governi avidi e gioco d’azzardo, in “Zenit”, 20 aprile 2012).

A questo punto non pare inutile ricordare come, nel commento del settimo comandamento “Non rubare”, il numero 2413 del Catechismo della Chiesa Cattolica stabilisce che, “I giochi d’azzardo (gioco delle carte, …) o le scommesse non sono in se stessi contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù. Truccare le scommesse o barare nei giochi costituisce una mancanza grave, a meno che il danno causato sia tanto lieve da non poter essere ragionevolmente considerato significativo da parte di chi lo subisce”.

Anche in Italia, proprio a causa del collasso etico frutto anche del secolarismo, le forze più consapevoli del volontariato sociale stanno alzando la guardia nei confronti del fenomeno, molto sottovalutato da politici e media. Ad esempio, l’ultimo numero della rivista del “Centro Italiano di Solidarietà” (CeIS), fondato a Roma da don Mario Picchi (1930-2010) e da oltre quarant’anni impegnato nel recupero dei giovani da ogni forma di tossicodipendenza (http://www.ceis.it/), è interamente dedicato all’approfondimento di quelli che sono gli effetti del gioco sulla psiche e sulla sorte delle persone e delle famiglie.

Nel primo contributo del Dossier “Gioco d’azzardo, dipendenza moderna”, pubblicato su “il Delfino on line”, n. 2, dell’aprile 2012, firmato da Mario Pollo, professore di Pedagogia Generale e Sociale alla Lumsa di Roma e collaboratore del CeIS, si distingue fra le forme di gioco utilizzate come forma saltuaria di evasione dallo stress e dai ritmi della vita quotidiana, alle dipendenze del gioco d’azzardo compulsivo che si osservano con sempre maggiore preoccupazione anche nella realtà italiana. Se le prime modalità, osserva Pollo, «si limitano a far vivere alla persona il gioco come qualcosa di funzionale al lavoro e alla vita sociale, nel senso di offrire quello scarico dello stress e delle tensioni necessario a riprendere con rinnovata lena la vita quotidiana, nel caso del gioco d’azzardo compulsivo le perturbazioni producono nella persona l’alienazione della propria vita, il suo sottometterla a qualcosa di esterno a essa che come una sirena chiama al naufragio sugli scogli della distruttività. In questi ultimi casi il gioco da strumento di libertà e di liberazione diviene uno strumento di schiavitù, da luogo di creazione di una vita più ricca e umanamente realizzante si trasforma in luogo della distruzione della vita stessa» (Educare al gioco, in “il Delfino on line”, n. 2, aprile 2012, p. 4).

Un primo contributo di analisi psicologica “tarato” sulla situazione italiana è quindi offerto sulla rivista dallo studio del medico-chirurgo, specializzato in psichiatria, Tonino Cantelmi, che è stato il primo in Italia a occuparsi dell’impatto della tecnologia digitale sulla mente umana (c.d. “Internet Dipendenza”, cfr. http://www.toninocantelmi.com/). Con il collega Emiliano Lambiase,  Cantelmi denuncia come, sebbene il gioco d’azzardo patologico sia stato riconosciuto per la prima volta come disturbo mentale fin dal 1980, «con la sua introduzione nel DSM-III all’interno dei Disturbi del Controllo degli Impulsi», nel contesto attuale i siti Internet che si occupano di gioco d’azzardo fioriscono indisturbati. Sebbene la maggior parte delle persone sembrino essere in grado di giocare responsabilmente, aggiunge lo psichiatra cattolico, «viene stimato che circa il 3% della popolazione lotta contro la dipendenza da gioco».

 

GIUSEPPE TAVERNA
in Corriere del Sud n. 6
anno XXII/13, p. 3

 

Subscribe
Notificami