Come può un cittadino difendersi da un giudice che non è imparziale?

Come può un cittadino difendersi da un giudice che non è imparziale?

Abbiamo accennato nello scorso articolo alle note intercettazioni che sono oggetto delle indagini della procura di Perugia sul PM Luca Palamara. Abbiamo visto come l’espulsione del magistrato, che è stato presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), possa finire per mettere una pietra sopra e quindi chiudere il “CSM Gate” senza approfondire le collusioni e le responsabilità di chi ha promosso, pilotato o compartecipato alla lottizzazione, a fianco, a latere, al di là o, talvolta, magari persino al di sopra dello stesso Palamara. Il problema che riemerge da queste ultime vicende, infatti, sta tutto nel blocco mediatico giudiziario italiano. La politica nazionale, dovremmo dire, è una vittima di quel blocco, non la meta di arrivo.

E resta alla fine il grande problema: come può un cittadino difendersi da un giudice che per qualsiasi motivo non è imparziale nei suoi confronti? Lo ricusa? E se il giudice in questione è uno di quei giudici che – sedendo nel Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha nelle sue mani la carriera di tutti i giudici? Come potrebbe riporre il proprio futuro nelle mani della magistratura? Domande a cui non c’è risposta. O meglio, non c’è risposta in questo tipo di magistratura.

Si tratta, quindi, di una risposta debole. Se ricordiamo bene, fra l’altro, questi erano anche i punti essenziali del “Contratto di governo” a suo tempo sottoscritto tra M5S e Lega, oggi riproposti senza alcuna modifica dal ministro ad una nuova maggioranza (a testimonianza ulteriore che questa maggioranza si accontenta di sopravvivere). Anzi, sui quali – a sentire l’Huffington Post che cita Bonafede stesso – la maggioranza aveva «già trovato un’ottima convergenza poco prima che scoppiasse la pandemia». Mi sembra strano. Sembra strano che partiti che hanno fondato la propria sopravvivenza anche sul sistema elettorale del CSM e sulle sue degenerazioni, possano serenamente rottamarlo. Un nodo di potere tra politica, giustizia ed editoria non si rottama con facilità. Le parole pronunciate appena qualche giorno fa dal sindaco De Magistris sono illuminanti al proposito: «fu il CSM a decidere di togliermi le indagini che facevo sulla mafia. Fin quando indicavo Berlusconi tutti a sinistra mi applaudivano, come cominciai ad indagare a sinistra, mi dissero: ma che fai, indaghi pure noi?» (e questo mi rafforza sempre di più nell’idea della faida: non poteva averle dette al momento in cui quei fatti si verificarono?).

Ma, tuttavia, speriamo in un sussulto. La politica adesso ha davanti una grande occasione per riprendere il ruolo di guida della nazione e strapparlo a giornali ed ai PM. Una riforma complessiva che passi anche attraverso il sorteggio dei componenti del CSM, che distrugga questo nodo gordiano e consenta alla politica di riprendere il ruolo di rappresentante della sovranità che la Costituzione gli assegna. Una politica che determina scopi e metodi dell’azione dei poteri dello stato. Di tutti i poteri dello stato. Anche della magistratura. Quest’occasione potrebbe davvero segnare la fine di 30 anni di “manettocrazia”, con la restituzione a Governo e Parlamento e magistratura del loro rispettivo ruolo.

Mauro Rotellini

 

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