L’appello: “la scuola che verrà sia contro digitalizzazione e terapeutizzazione”
Il C.I.A.T.D.M. (Coordinamento Internazionale delle Associazioni a Tutela dei Diritti dei Minori) ha indirizzato un importante appello ai vertici del governo italiano per chiedere una scuola futura che non sia impostata sulla digitalizzazione e sulla terapeutizzazione.
A seguire il testo integrale dell’appello.
Al Presidente del Consiglio dei Ministri GIUSEPPE CONTE
uscm@palazzochigi.it
presidente@pec.governo.it
Al Ministro dell’Istruzione LUCIA AZZOLINA
segreteria.azzolina@istruzione.it
urp@postacert.istruzione.it
Al Ministro della Salute ROBERTO SPERANZA
segreteriaministro@sanita.it
seggen@postacert.sanita.it
Alla Presidenza della Camera dei Deputati
camera_protcentrale@certcamera.it
Alla Presidenza del Senato
amministrazione@pec.senato.it
OGGETTO: LA SCUOLA CHE VERRÀ. CONTRO LA DIGITALIZZAZIONE, CONTRO LA TERAPEUTIZZAZIONE
Premesse e prospettive
In tempo di emergenza sanitaria la scuola, deviata dalle proprie finalità e dalla propria stessa ragion d’essere, pare diventare il banco di prova per l’esercizio di poteri arbitrari quanto incontrollabili: vi si rispecchia l’immagine di una politica minacciosamente scivolata verso il sopruso istituzionalizzato, che giunge a disconoscere i principi fondanti presidiati e promossi dalla Carta Costituzionale.
Dopo il lungo periodo di sospensione di tutte le normali attività scolastiche – sostituite da quello che viene decantato come «l’esperimento di più vasta portata nella storia dell’istruzione» su scala globale (UNESCO), cioè la cosiddetta “didattica a distanza” – si profila ora, per il prossimo settembre, l’applicazione di un regime del tutto inedito, incentrato sull’allarme virale permanente.
Il nuovo modello scolastico si propone anzitutto di capitalizzare l’accelerazione forzata impressa in fase epidemica al processo di digitalizzazione promuovendo le pratiche e gli strumenti tecnologici non più solo in quanto innovativi, ma anche perché autenticamente salvifici.
La scuola digitale, infatti, oltre a assecondare il mito del progresso, offre l’ulteriore vantaggio di garantire quel “distanziamento sociale” che è assurto a primo comandamento del decalogo per il nuovo cittadino responsabile: il comandamento eletto a motivo ispiratore delle misure escogitate dalle varie autorità tecniche, politiche, amministrative, tutte concordi nell’individuare il principale fattore di rischio per le scuole proprio in quella “aggregazione” che da sempre costituisce un aspetto consustanziale del sistema educativo.
Non per nulla al fine di tenere alta, nelle more, l’allerta sociale, l’informazione ufficiale dirama senza requie vaticini terroristici e annuncia per la prossima stagione una recrudescenza del fenomeno virale anche se oggi, dal punto di vista clinico, esso appare in manifesta regressione. I sedicenti esperti arruolati al servizio della propaganda forniscono, instancabili, le fantomatiche ragioni utili a giustificare la perpetuazione sine die dello stato di emergenza.
In questo orizzonte, potranno essere raggiunti due obiettivi fondamentali: la dipendenza tecnologica generalizzata (il dispositivo elettronico come complemento obbligatorio) e un capillare controllo sanitario e sociale.
Lo scolaro-paziente: da paziente scolastico a paziente sanitario
La digitalizzazione, di cui si sono già svolte le prove generali, si presenta come la carta decisiva per infliggere un colpo mortale alla scuola. Per snaturarne il contenuto e la funzione sostituendo la trasmissione reale, immediata, fisica, partecipata e modulata di un patrimonio di conoscenza con la fruizione passiva di immagini e parole all’interno della pseudo-realtà virtuale ricreata dal dispositivo informatico. L’artificio telematico viene imposto in luogo della relazione vitale che lega insieme chi insegna e chi apprende, e i discenti tra loro. Quella relazione feconda dove gli sguardi si incontrano, e che è aperta verso una maturazione reciprocamente indotta.
Come ha osservato magistralmente Giorgio Agamben «fa parte della barbarie tecnologica che stiamo vivendo la cancellazione dalla vita di ogni esperienza dei sensi e la perdita dello sguardo, durevolmente imprigionato in uno schermo spettrale» (https://www.iisf.it/index.php/attivita/pubblicazioni-earchivi/diario-della-crisi/giorgio-agamben-requiem-per-gli-studenti.html).
L’alunno si trasforma così in paziente scolastico, dipendente dalla protesi tecnologica, in predicato di diventare una sorta di automa addestrato ad obbedire alla macchina che gli è assegnata in dotazione (in attesa che questa prenda definitivamente il sopravvento).
L’uso dei mezzi informatici sostituisce tante operazioni fisiche e mentali che, per svilupparsi, richiedono di essere sperimentate ed esercitate. L’abuso di questi mezzi, e la conseguente assuefazione ad essi, tende a consolidare meccanismi mentali riduttivi, inaridire le attitudini cognitive e speculative, il ragionamento analitico, la riflessione critica, l’elaborazione personale, la ricchezza espressiva. E ancora, spegne la creatività, diseduca all’attenzione, inibisce i processi di memorizzazione e la capacità di strutturare catene logiche o collegamenti tra le diverse discipline. In sostanza, contribuisce a svuotare e stravolgere la funzione propria della scuola come luogo in cui, attraverso la trasmissione e la elaborazione delle conoscenze, si possa acquisire lo spirito critico indispensabile per leggere e penetrare la complessità del reale.
Ma la scuola via internet non solo stravolge i criteri propri dell’insegnare minando le condizioni essenziali per un vero e incisivo apprendimento. Essa induce inevitabilmente il giovane allievo ad acquistare familiarità, e quindi fiducia, in un mezzo incontrollato e incontrollabile, gli spalanca lo spazio in cui può agevolmente venire indottrinato, manipolato e alla fine persino adescato, cioè può diventare preda inerme di ogni sorta di rapina morale da parte di chi ben sa come sfruttare la forza di penetrazione di quello stesso mezzo per appropriarsi impunemente dei più deboli senza dare nell’occhio.
La didattica a distanza inoltre, per le caratteristiche che le sono proprie, produce come effetto collaterale – ma di non secondaria importanza – la deformazione del rapporto tra scuola e famiglia. L’invasione persistente della intimità domestica crea le condizioni per indebite interferenze tra alunno e insegnante e alunni tra loro. A ciò corrisponde una minaccia alla libertà di insegnamento per il docente che si trova costretto a parlare in incertam personam sotto l’improvvido controllo, più o meno volontario, di un uditorio esteso ad estranei alla classe ai quali, nella normalità delle cose, la legge impone per ovvie ragioni di rimanere al di fuori delle aule scolastiche.
Al sistema, tuttavia, non basta impadronirsi del paziente scolastico: vuole che l’alunno diventi anche un paziente clinico sotto osservazione permanente dei funzionari della sanità. Lo stato di salute dello scolaro è affidato alle strutture preposte, chiamate a prendersene cura, prima e magari in sostituzione della famiglia, la quale rischia, in nome del virus, di essere posposta o esautorata. Con il risultato che il minore, eventualmente consegnato a estranei vestiti della divisa dell’”esperto”, è ridotto a materiale di laboratorio. Privato di quei punti di riferimento che sono anche le sue difese naturali.
La regolamentazione per il rientro “in sicurezza”
Il documento congedato dal Comitato Tecnico Scientifico istituito presso il Dipartimento della Protezione Civile il 28 maggio 2020 ha inteso fornire al decisore politico gli elementi tecnici (misure di sistema, organizzative, di prevenzione e protezione) per contenere il pericolo di contagio «rispetto all’attuale situazione epidemiologica e alle conoscenze scientifiche maturate al 25 maggio 2020», tenute presenti le raccomandazioni dell’OMS, dell’UNESCO e le esperienze maturate in altri Paesi europei. Ha sottolineato come le indicazioni espresse, suscettibili di subire aggiornamenti in base alla evoluzione epidemiologica e alle eventuali emergenze scientifiche, costituiscano dei criteri-guida di carattere generale da contestualizzare nelle specifiche realtà scolastiche. Queste ultime assumono perciò un ruolo centrale nel declinare tali indicazioni in base alle proprie particolari caratteristiche e secondo le proprie particolari esigenze. In altre parole, l’onere di stabilire in concreto le misure di sicurezza da adottare nella singola scuola si sposta in capo agli organi istituzionali interni, fermo restando il generico ossequio dovuto a tre principi cardine: il distanziamento sociale, l’igiene personale e degli ambienti, il coordinamento con i servizi della sanità pubblica.
Le scuole dovranno dunque cimentarsi nel compito di calare nel proprio contesto le prescrizioni inflitte erga omnes dagli “esperti” della protezione civile. Parecchi istituti hanno già elaborato protocolli di sicurezza, in alcuni casi dando sfoggio di uno spregiudicato rigore poliziesco-sanitario non privo di mostruosità liberticide. Appare ormai evidente come l’epidemia, a prescindere dalle incognite sulla sua genesi e a dispetto del suo andamento effettivo, venga utilizzata come pretesto da un lato per continuare a deprimere le garanzie costituzionali e le libertà fondamentali, dall’altro per colpire le nuove generazioni, annichilendole; ovvero per portare a definitivo compimento il micidiale piano di deculturazione di massa, di disumanizzazione della educazione, di isolamento fisico e psicologico dell’individuo in via di formazione: di tutto quanto, cioè, serva a forgiare materiale umano standardizzato, obbediente e di facile manipolazione. Ecco dunque che non possiamo farci cogliere di sorpresa di fronte a un progetto palesemente distruttivo. Abbiamo già sperimentato, nel corso di questa epidemia, come l’ingranaggio spinto dalla forza di inerzia delle procedure possa schiacciare nel silenzio i più deboli e indifesi senza che ci sia nemmeno il tempo di reagire. Abbiamo già sperimentato in quale barbarie si possa repentinamente affondare quando, perduta la stella polare della ragione e dimenticato il senso del valore di ogni individuo, la potenza della macchina possa prendere il sopravvento su chi la dovrebbe condurre.
Qualunque intervento dello Stato e delle sue istituzioni da cui discenda una contrazione, anche temporanea, di diritti e libertà fondamentali deve tenere conto, sempre alla luce dei criteri-guida di proporzionalità e ragionevolezza, del sistema plurale di tutele posto dalla Costituzione Italiana, dalle norme convenzionali internazionali (Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Convenzione di Oviedo) e dal diritto comunitario (TFUE, TUE, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), in quanto funzionale al rispetto della persona umana e della sua dignità, valore fondante il patto costituzionale ed espressione positiva dei principi irriducibili del diritto naturale.
Questo nucleo assiologico essenziale, irrinunciabile e inviolabile, è evidentemente messo sotto attacco quando si colpisce l’istituzione che, per definizione, è preposta allo svolgimento della personalità dell’individuo e alla formazione delle nuove generazioni.
APPELLO
È sempre più vivo il fermento di associazioni, comitati, gruppi di professionisti (medici, avvocati, giuristi, psicologi, insegnanti, giornalisti), pronti a manifestare il proprio ragionato dissenso verso l’applicazione di un regime dissennato di controllo e condizionamento sociale sulla popolazione, e in particolare sulle giovani generazioni. Grazie a tante voci autorevoli e alla attività di settori specialistici, l’opinione pubblica è sempre più informata e sensibilizzata, sempre meno asservita alla propaganda mediatica che tenta di imporre il monopensiero obbligatorio e, attraverso il ricatto della paura, isolamento e comportamenti conformi. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, chiediamo:
– che tutte le limitazioni al pieno esercizio del fondamentale diritto all’istruzione siano ritenute temporanee e provvisorie dagli organismi tecnici e dalle istituzioni politiche;
– che sia profuso ogni sforzo per garantire al più presto un ritorno alla normalità della vita scolastica, onde evitare che si perpetuino inutilmente le gravi distorsioni dettate dalla emergenza;
– che non venga agitato lo spauracchio del contagio al fine di giustificare la trasformazione radicale del modello di scuola;
– che l’ipertrofia tecnologica e digitale restituisca il posto a un’integrale formazione umana e culturale degli scolari;
– che non sia proprio l’istituzione scolastica, fattasi propulsore della navigazione in rete, ad esporre i minori ai plurimi rischi ad essa legati e ad alimentare il fenomeno già tristemente diffuso della dipendenza dal mezzo digitale;
– che sia tempestivamente implementato il sistema di navigazione differenziata promosso dal CIATDM e già fatto oggetto del ddl n. 1329, 6 giugno 2019 (a firma Calderoli); e del pdl n. 1537, 24 gennaio 2019 (a firma Tateo) assegnato alla Commissione Giustizia;
– che non venga esercitata una arbitraria sorveglianza sanitaria sugli scolari e sulle loro famiglie;
– che sia revocata per tempo qualsiasi imposizione di presìdi sanitari o pseudo tali (in particolare mascherine, braccialetti elettronici, barriere fisiche e ogni altra misura non giustificata rispetto al rischio evidenziato in età scolare) per la popolazione scolastica;
– che sia inibito ogni intervento abusivo ai danni dei minori che accusino sintomi di qualsiasi tipo all’interno dei locali scolastici e che, in ogni caso, sia sempre garantito in primis l’immediato avviso e intervento della famiglia;
– che nessun trattamento sanitario possa essere imposto come condizione per la frequenza della scuola di ogni ordine e grado.
Invitiamo infine le famiglie degli scolari:
– a vigilare affinché il perpetuarsi dello stato di emergenza non abbia a divenire presupposto di interventi arbitrari e abusivi a danno proprio e dei propri figli da parte della istituzione scolastica o delle strutture sanitarie, ad oggi investite di un pericoloso quanto abnorme potere discrezionale nella gestione della sicurezza a scuola;
– ad opporsi con forza alla sostituzione della macchina al rapporto umano, dello schermo al libro, della tastiera alla penna;
– a reagire in ogni modo al tentativo di imporre l’isolamento fisico, la sterilizzazione sociale e l’annientamento culturale alle nuove generazioni.
Presidente C.I.A.T.D.M. Referente C.I.A.T.D.M. Regione Veneto
Aurelia Passaseo Elisabetta Frezza Bortoletto
Per aderire si prega di scrivere una mail a
appelloscuola21@gmail.com
Il nome verrà pubblicato in calce all’appello e i dati personali verranno trattati
secondo il Regolamento UE n. 679/2016 (GDPR).
ADERISCONO ALL’APPELLO
L’elenco seguente è parziale e provvisorio.
Le ulteriori sottoscrizioni saranno comunicate successivamente ai destinatari del documento
Enti e associazioni:
Associazione “Scarpette Bianche”
Gruppo Scuola “Centro di Gravità”
Renovatio 21
Impegno Civico
Ricognizioni – Oltre la linea
Confederazione Triarii
Circolo Culturale J. Maritain
Associazione Co.r.ve.l.va
Comitato “Nel nome dell’infanzia”
Associazione Ora et Labora in difesa della Vita
La Scuola che accoglie (che tiene a precisare quanto segue: “Dalle ceneri della didattica dell’emergenza nascerà una nuova didattica della vita e delle relazioni umane. La scuola che verrà respinge il distanziamento dei bambini e dei ragazzi, l’abuso delle tecnologie e l’obbligo dei dispositivi di protezione a discapito della salute e delle relazioni umane”).
Nonché personalmente:
Senatore Alberto Bagnai
Senatore Andrea Ostellari
Francesco Cavalla, professore emerito di filosofia del diritto
Enzo Pennetta, insegnante, saggista
Patrizia Fermani, giurista, docente universitario
Alessandra Devetag, avvocato
Alessandro Gnocchi, giornalista, scrittore
Paolo Gulisano, medico
Danilo D’Angelo, insegnante
Nicoletta Forchieri, docente universitario
Simone Lombardini, economista, dottore di ricerca
Paolo Scapellato, psicologo, accademico
Patrizia Scanu, psicologa, formatrice
Silvia Salese, psicologa clinica e di comunità
Paolo Fanni psichiatra
Claudio Messora, Byoblu.com
Barbara Tampieri, psicologa, blogger
Stefano Serafin, preside
Carlo Poci, medico
Annette Boscarini, medico
Annachiara Zanuzzi, docente universitario
Renzo Fogliata, avvocato
Andrea Favaro, avvocato, docente universitario
Cristina Danieli, psicologa, educatrice
Maurizio Blondet, giornalista
Alberto Contri, docente universitario
Roberto Pecchioli, scrittore
Fabio Trevisan, saggista
Matteo Donadoni, scrittore
Michele D’Amico, avvocato
Roberto Dal Bosco, scrittore
Chiara Peracchio, insegnante
Pierluigi Cagnin, avvocato
Michele De Lazzari, medico
Antonia Cavalli, maestra
Jenny Cappellin, insegnante
Luca Bertolotti, psicologo clinico e di comunità
Silvia Protti, insegnante
Filiberto Medici, medico
Nando Prati, docente universitario
Pietro Peracchio, avvocato
Laura Iannucci, insegnante
Chiara Gnocchi, scrittrice
Cristiano Lugli, operatore sanitario
Gabriele Poppi, accademico
Rosa Maria Bellarmino, insegnante
L’appello richiama quanto contenuto nel comunicato “Allarme di psicologi e psichiatri” che si può leggere QUI.
Da insegnante, vi sono particolarmente grato per aver promosso e sostenuto queste fondamentali istanze culturali ed educative. Il futuro del nostro Paese passerà anche e soprattutto attraverso la gestione delle problematiche e dei modelli educativi qui evocati.
Ho insegnato per 37 anni.
Al 31 di agosto terminerò il mio impegno nell’aiutare i giovani ad usare la propria testa.
Ho amato il mio lavoro ma, negli ultimi 20 anni, ho sofferto nel vedere il mondo della scuola tradire la sua missione, la sua storia e le aspirazioni dei giovani studenti.
La cosiddetta D.A.D. , ultimo terribile acronimo, è uno strumento contro natura.
È stato straziante comunicare ai miei studenti, in videolezione, che non sarei più stato il loro insegnante.
Questo non lo perdonerò mai ai demolitori della scuola e a tutti quelli che, col pretesto della psicopandemia, dissolveranno quel residuo di buono che ancora esiste.
Da docente vi sono grata
Insegno da 20 anni e ho visto cambiare in peggio la scuola. Spero in un cambiamento in meglio grazie alla vostra iniziativa