Un vescovo: “il mondo ha bisogno di Vangelo, non di eurobond o miracolosi vaccini”

Un vescovo: “il mondo ha bisogno di Vangelo, non di eurobond o miracolosi vaccini”

Nella sua omelia a Nazareth Gesù commenta la profezia messianica di Isaia citandola in sintesi, e ponendo una particolare enfasi sulla “Evangelizzazione dei poveri”: “Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio”.



La storia della salvezza ha spiegato con grande chiarezza che tra Vangelo e povertà c’è un legame del tutto particolare. Il vangelo infatti è prima di tutto buona notizia “per i poveri”. Perché per i ricchi, che sono attaccati alla ricchezza e che hanno tutta l’intenzione di rimanere così, il vangelo non è una buona notizia! Basta leggere san Luca che con chiarezza annuncia: “guai a voi ricchi, perché avete già ricevuto la vostra ricompensa”, o ricordare la triste notazione di Gesù davanti alla scelta del giovane ricco: “quanto difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli!”

C’è poi un secondo legame tra poveri e vangelo, anche questo ben chiaro per chi legga la bibbia e la storia: sono i poveri gli evangelizzatori più credibili ed efficaci. Perché solo chi è povero di cose e ricco solo di Dio annuncia in modo credibile il Regno di Dio.

Mi insegnava il mio parroco che le promesse fatte nel giorno dell’ordinazione servono a ricordare al prete la ricetta infallibile per avere il Signore nel cuore ed il cuore tutto centrato in Lui. La promessa di celibato testimonia infatti che “Dio da solo basta a riempire il tuo cuore”. Quella di obbedienza dimostra che l’amore a Dio ed alla Chiesa è per te più forte del tuo orgoglio e della tua superbia intellettuale.



Ma se vuoi essere un evangelizzatore credibile, offrendo una testimonianza che tutti riconoscano, cerca di essere povero! Perché solo chi non si attacca alle cose, né tanto meno alle persone come fossero cose, è credibile quando parla del Regno di Dio, sia sulla terra che in cielo.

Per tutto questo, il tempo che abbiamo davanti, è un tempo prezioso per il Vangelo. Infatti se il vangelo è buona notizia per i poveri, davanti a noi ci sono tanti poveri e ce ne saranno in futuro. Non parlo tanto di poveri materiali, che tuttavia ci sono e sono davvero in aumento, ma anche e soprattutto di poveri di speranza.

Di poveri di pace, perché i cuori e le menti inquiete escono da questo tempo in piena tempesta. Di poveri di fiducia, perché la paura del futuro spinge tanti a guardare gli altri come: “tutti ladri e briganti”.

Il nostro mondo ha bisogno di vangelo, ne ha più bisogno che degli eurobond o di un miracoloso vaccino!

Questo tempo ci ha fatto vedere che quando manca la fede e l’amore dei fratelli, ogni croce sconvolge la vita e tutto diventa buio e paura.

Se davanti a questi poveri che abbiamo davanti, sapremo anche noi essere i poveri del vangelo, allora il nostro annuncio sarà credibile e fruttuoso.

Questo tempo è stato un vero esame per tutti di noi. Impoveriti dei mezzi soliti di cui ci contorniamo, non avendo più tanti sostegni con cui puntellavamo a volte l’annuncio del Vangelo, ci siamo trovati tutti poveri e nudi di successo e di gloria.

Non si possono fare più le gran mangiate, le feste ed i raduni pieni di abbracci, di rumore, di incontri in parrocchia con tantissime persone. Non si può più venire in parrocchia per giocare a pallone, per fare tardi la sera in gruppo parlando del più o del meno, per sentirsi il gruppetto degli eletti tutti amici solo tra loro.



Le chiese sono sempre rimaste aperte, ma soltanto per chi voleva entrare da solo, solo per pregare, solo per incontrare il Signore e stare un po’ con Lui. Senza nessuno a dirti bravo, senza nessuno con cui fare gruppo, senza nessun divertimento o festa, solo Dio e la fede in Lui.

Le case, per chi voleva, sono diventate Chiese domestiche, dove la famiglia si è ritrovata attorno alla Parola di Dio, con il rosario in mano, anche qui solo tra noi e con il Signore.

Quanta gente ha pregato così? Certo non delle folle! Ma quelli che così hanno incontrato il Signore ed hanno pregato solo per il Signore, sono un fondamento solidissimo, su cui appoggiare la Fede della Chiesa del futuro.

Davanti alla paura tanti si sono richiusi in sé stessi. Ma tanti hanno cercato di fare del bene, per quanto era possibile. Si sono impegnati chiedendo di cosa c’era bisogno, cosa potevano fare di bene. Tanti passando davanti alla canonica hanno lasciato un’offerta, o una busta di spesa per chi aveva fame. Tanti, non certo tutti, ma su questi si può costruire solidamente la Carità della Chiesa del futuro.

Davanti alla morte tanti si sono disperati. Nessuno li giudichi e nessuno si creda superiore. Quando la morte è una realtà possibile per tutti e non una ipotesi vaga, le chiacchiere vanno a zero e tutti scopriamo le nostre paure. Ma abbiamo anche visto tante testimonianze di chi lotta con impegno, di chi si mette a servizio con lo sguardo buono verso il futuro. Abbiamo incontrato testimoni che donano agli altri fiducia e coraggio. Tanti, non certo tutti, ma su questi si può costruire come su un buon fondamento la Speranza della Chiesa del futuro.

Questo tempo ci ha ridimensionato, ci ha fatto sentire e vedere che siamo piccoli, che siamo pochi, ma ci ha dimostrato ancora una volta che il popolo di Dio, il popolo dei poveri del vangelo, ha Fede, Speranza e Carità e su questo si può costruire una Chiesa più solida, più vera e più bella di quella che abbiamo alle spalle.

Durante queste settimane mi sono riletto tante cose, ho riorganizzato le idee, ho raccolto anche i pensieri di chi ha voluto farmi arrivare le sue valutazioni e la sua lettura del tempo che abbiamo davanti. Cinque anni fa scrissi la mia prima lettera pastorale, che era una lettera programmatica soprattutto rivolta a voi preti e diaconi, l’avevo intitolata “Lettera ad un giovane parroco” e vi dicevo che in un tempo di grandi cambiamenti bisogna tornare a ciò che è fondamentale: la Fede, la Speranza e la Carità. Su quella base è stato programmato l’Anno santo della Misericordia, e gli anni pastorali dedicati a Carità, Catechesi e Liturgia. Infine sempre su quella base programmatica avevamo iniziato la Visita Pastorale.

Ho riletto quella mia lettera, ho aggiornato ciò che mi sembrava necessario a partire dall’ascolto di tutti voi vissuto in questi cinque anni, ho aggiunto quello che ogni anno alla fine dell’anno pastorale emergeva dal Convegno ecclesiale come Piccoli Passi Possibili da fare insieme. Oggi vi riconsegno questo testo, che è insieme memoria del cammino ed invito ad una nuova ripartenza. L’ho intitolato “La parrocchia che verrà” perché vorrei fosse il mio contributo di sintesi per ripensare il futuro delle nostre parrocchie e non semplicemente per riaprire le parrocchie del passato. Grazie di cuore a tutti voi. Grazie per tutto il bene che avete cercato di fare e per quello che con l’aiuto di Dio faremo nell’avvenire.

Omelia di monsignor Nazzareno Marconi
Vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia

30 maggio 2020



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