Il Cardinale Varela: “Dobbiamo tornare alle Messe il più presto possibile”

Il Cardinale Varela: “Dobbiamo tornare alle Messe il più presto possibile”

di Angelica La Rosa

L’ARCIVESCOVO EMERITO DI MADRID HA SPIEGATO CHE È NECESSARIO TORNARE “QUANTO PRIMA” ALLA CELEBRAZIONE DELL’EUCARISTIA CON IL POPOLO, ALLA VITA EUCARISTICA

L’Arcivescovo emerito di Madrid, il cardinale Antonio María Rouco Varela, attraverso una intervista con “Religion Confidencial”, ha spiegato che è necessario tornare “quanto prima” alla celebrazione dell’Eucaristia con il popolo, alla vita eucaristica, “mantenendo le misure di sicurezza sanitaria che le autorità determinano nel servizio al bene comune”.

Il cardinale ha percepito, in questo periodo di confinamento, in alcuni ambienti della Chiesa, “un deficit di riflessione, di una profonda interpretazione teologica di questo segno dei tempi in cui viviamo. Limitarci a fare un’applicazione volontaristica delle esigenze dei comandamenti, del grande comandamento della carità, guardare alla volontà del Signore solo attraverso il comandamento della carità, è insufficiente. Per fare ciò devi avere la fonte di ispirazione – intellettuale, esistenziale, pastorale – nella verità dello Spirito Santo che viene dal Risorto. In caso contrario la fonte si esaurisce e l’acqua non scorrerà più”.

Il cardinale ha spiegato che l’atteggiamento di generosità da parte di tanti, in relazione al bene sociale, a volte attraverso atti eroici, deriva dalle profonde radici cristiane multisecolari della Spagna.

“Questa emergenza globale non è una terza guerra mondiale, ma nei suoi effetti ha alcune somiglianze”, ha spiegato il cardinale Antonio María Rouco Varela. Occorre “ricostruire il mondo, dopo questa crisi, sulla base della dignità inviolabile della persona umana”.

Parlando di fede, il cardinale ha spiegato che negli anni la Chiesa ha trascurato di predicare sulla morte e sulle cose ultime, i novissimi. “Abbiamo paura di parlare del significato della morte, e abbiamo paura di parlare dell’aldilà: dell’eternità della vita! Benedetto XVI è stato molto lucido, credo, per esempio nel suo libro su Gesù di Nazareth, quando nel secondo volume spiega come la vita eterna sta già operando in noi, nel tempo. È in noi, non solo ontologicamente, ma esistenzialmente. L’abbiamo ricevuta dal risorto attraverso il battesimo. Quello che succede è che dopo la morte fisica trova la sua pienezza – se non siamo tornati “al peccato che uccide” -, perché la vita eterna la stiamo già vivendo in piena comunione con il mistero di Dio: da Dio fatto uomo, da Cristo, che ha introdotto la natura umana nel cuore stesso del mistero della Trinità”.

Per il cardinale “un altro problema è il rifiuto di pensare che la storia avrà davvero una fine. Non solo la storia personale di ognuno, ma la storia generale dell’umanità. Il mondo, il creato, l’uomo, l’umanità e la storia non sono completamente nelle nostre mani. C’è un piano sulla realtà creata e sulla storia e l’autore di quel piano è il Dio Creatore e Redentore, la prima e ultima fonte di bene, verità, bellezza e felicità”.

La Chiesa deve “annunciare Gesù morto e risorto, che non è una chimera, che non è un ricordo del passato o un’ipotetica proiezione di futuro, ma è vivo in mezzo a noi. La Chiesa è un sacramento. Cioè, un segno efficace e vivente di una realtà che non è vista, ma che agisce, sente, è pensata, che è voluta. Se si riduce la Chiesa a puro strumentalismo o a pura praticità, non ti rimane nulla”.

“Se c’è qualche ruolo che la chiesa deve svolgere di più in questo momento, non è solo quello delle opere di carità, che ci devono essere, ovviamente. Ma esse devono mostrare, nel loro contenuto, nel loro senso, nella loro forza, di più che una semplice solidarietà umana. Devono essere il veicolo del vero amore, dell’amore per l’uomo, dell’amore per la persona, del riscatto e dell’amore salvifico di Dio. Il rapporto più intimo in cui si esprime la carità è quella della famiglia, poi la comunità dei vicini, la città, la nazione, l’intera famiglia umana. Dobbiamo portare Cristo attraverso la carità, basata sacramentalmente sull’Eucaristia. Ciò che non è possibile fare senza i ministri che servono la Parola e il Sacramento, consacrati dal Sacramento dell’Ordine: i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi. Devono essere vicini. Certamente con tutta la vicinanza umana possibile, ma essendo ministri di ciò che sono, indissolubilmente: del Signore, che è e che dà la vita, che guarisce e salva. Poi arriveranno le conseguenze pratiche, morali e cristiane”. Per il cardinale, anche in Spagna occorre riconoscere inequivocabilmente il diritto fondamentale, chiave di tutti i diritti umani, che è il diritto alla libertà religiosa.

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